Right to disconnect: una visione internazionale
L’obiettivo? Evitare l’iperconnessione
Flessibilità è una delle caratteristiche principali del lavoro agile, che oggi si trasforma però in iperconnessione. Molti Paesi si sono allora mobilitati con lo scopo di individuare soluzioni adeguate per garantire il diritto alla disconnessione, emanando un insieme di leggi che possano consentire al lavoratore di scollegarsi dal lavoro, senza per questo incorrere in sanzioni o conseguenze comunque negative.
L’Irlanda, per esempio, sta cercando di individuare soluzioni efficaci e durature. Mentre in Europa molti Paesi hanno tentato di introdurre codici specificamente incentrati sul lavoro da remoto, le regole irlandesi hanno lo scopo di preservare, in un futuro post-pandemico, l’equilibrio tra lavoro e vita privata. L’obiettivo è quello di proteggere e supportare tutti i lavoratori, sia quelli in ufficio che gli smart worker, con una nuova prospettiva sul futuro del lavoro. Un lavoro, appunto, “ibrido”.
La soluzione non è semplice. Il diritto alla disconnessione potrebbe implicare orari più rigidamente controllati e quindi compromettere buona parte della flessibilità che i lavoratori, solo in tempi recenti, sono riusciti a conquistare. È quindi davvero possibile parlare di diritto alla disconnessione nella nuova normalità dello smart working? O ci stiamo inevitabilmente esponendo ai rischi di sovraccarico e burnout che invece dovremmo evitare?
L’evoluzione del diritto alla disconnessione
Molti Paesi, ancora prima della crisi della recente pandemia, hanno tentato di individuare le modalità più efficaci per strutturare una legislazione efficiente. Leggi e regolamenti hanno caratteristiche differenti sulla base del Paese di provenienza: alcuni riducono la giornata o la settimana lavorativa, altri limitano le comunicazioni al termine dell’orario di lavoro. L’obiettivo comune è uno solo: proteggere i lavoratori dal superlavoro e da eventuali ripercussioni provocate dalla disconnessione.
La prima normativa sul diritto alla disconnessione è stata divulgata in Francia nel 2016. Sono seguite l’Italia nel 2017 e la Spagna nel 2018.
Sebbene questi tre Paesi abbiano formulato queste normative in modo differente, emerge un denominatore comune, ovvero la tutela del diritto dei lavoratori a non rispondere alle comunicazioni di lavoro al di fuori dell’orario previsto dal contratto e a non essere penalizzati per questo.
Anche la Germania si è mobilitata con lo scopo di proteggere i propri lavoratori, non mediante leggi ad hoc, ma attraverso un processo di coinvolgimento attivo all’interno delle imprese. Sono infatti diverse le multinazionali tedesche che hanno messo in atto accordi aziendali interni che garantiscono il diritto dei lavoratori a disconnettersi, tra cui Volkswagen, Daimler e Siemens. In Volkswagen, per esempio, i lavoratori non dirigenti non possono accedere alla posta elettronica sui propri smartphone prima o dopo l’orario di lavoro.
In Irlanda i lavoratori hanno il diritto a non svolgere prestazioni lavorative al di fuori dell’orario stabilito dal contratto e il dovere di rispettare il diritto di un’altra persona a disconnettersi. Queste regole si applicano sia agli smart worker, sia ai lavoratori in presenza.
Numerosi esperti stanno attualmente studiando il right to disconnect. Heejung Chung, ricercatore del mercato del lavoro e professore in sociologia e politica sociale presso l’Università di Kent, nel Regno Unito, afferma che il lavoro digitale ha ormai superato le nostre attuali leggi sul lavoro. Egli ritiene che il lavoro sia mutato e, per questo, le normative dovrebbero evolversi tenendo più in considerazione le nuove i nuovi bisogni dei lavoratori.
Criticità e prospettive future del right to disconnect
Non tutti condividono una visione positiva sul diritto alla disconnessione. Il problema sembra essere l’incompatibilità tra orari flessibili e diritto a disconnettersi. Eileen Schofield, avvocato per i diritti dei dipendenti del Regno Unito, afferma che la maggior parte delle attuali linee guida europee sul diritto alla disconnessione prevedono l’istituzione di orari di lavoro definiti come “tradizionali”. In realtà sono pochissimi i lavoratori che nel periodo di emergenza sanitaria hanno lavorato in orari regolari. Schofield, a questo proposito, ritiene che il diritto alla disconnessione sancirà la rinuncia totale alla flessibilità del lavoro appena conquistata.
Sebbene i nuovi codici comincino ad accogliere differenti definizioni di “orario tradizionale”, i lavoratori con meno rigidità d’orario potrebbero essere lasciati indietro. Anche i nuovi codici irlandesi attualmente non tengono conto di questo aspetto, e potrebbe essere complesso applicare il diritto alla disconnessione a orari non per tutti, e non del tutto, flessibili. Anche se le leggi sul right to disconnect si adattassero in modo più realistico, potrebbero comunque avere degli effetti collaterali indesiderati. Len Shackleton, professore di economia presso l’Università di Buckingham, sempre in Gran Bretagna, spiega che se ai dipendenti sarà vietato connettersi in determinati orari, i datori di lavoro vorranno essere sicuri che il lavoratore sia sempre reperibile durante l’orario di lavoro contrattato. Con tanti saluti alla flessibilità appena conquistata.
Dovrà passare del tempo per sapere se l'Irlanda, o uno qualsiasi degli altri Paesi che stanno considerando mosse simili, riuscirà a decifrare con successo un codice per emanare regole efficaci sul diritto alla disconnessione, senza irrigidire nuovamente la giornata lavorativa.
Un buon risultato avrebbe un impatto enorme sui lavoratori di tutto il mondo. La Pubblica Amministrazione sta lavorando attivamente per il raggiungimento di un clima di benessere digitale a partire da una transizione tecnologica efficace, proprio per supportare i lavoratori, facilitare i processi e consentire una gestione efficiente del proprio lavoro, con lo scopo di evitare sovraccarichi o, peggio ancora, burnout.
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