La soddisfazione dei lavoratori da remoto aumenta la produttività
Secondo uno studio pubblicato su Nature, scritto dal professore di economia della Stanford University Nicholas Bloom, il lavoro a distanza non porta necessariamente ad una minore produttività, come al contrario sostengono molti manager ed imprenditori. Per affermare la sua teoria, il prof. Bloom ha messo a punto un esperimento con i dipendenti di un’azienda tecnologica cinese. Ha diviso casualmente 1.612 lavoratori di una grande azienda del settore viaggi in base alla data di nascita.
Un gruppo poteva lavorare da casa il mercoledì e il venerdì; l’altro lavorava in ufficio tutti e cinque i giorni. Ebbene, i ricercatori hanno rilevato che lavorare da casa per due giorni a settimana ha ridotto, rispetto ai dati dei dipendenti a tempo pieno in ufficio, i tassi di dimissioni volontarie di un terzo durante i sei mesi di esperimento, migliorando la soddisfazione lavorativa senza impatti sulle prestazioni anche a due anni di distanza. In considerazione dei risultati di questo esperimento, l’azienda ha deciso di estendere il lavoro ibrido a tutti i dipendenti.
Cosa dimostra tutto ciò?
Secondo Bloom, l’ esperimento ha permesso ai ricercatori di concludere che a portare benefici nell’attività dei dipendenti era proprio il lavoro ibrido: i dipendenti erano molto più felici se potevano lavorare da casa due giorni alla settimana, di conseguenza i loro tassi di abbandono sono diminuiti e la percentuale di produttività è aumentata.
Contemporaneamente, anche i dirigenti dell’azienda hanno cambiato opinione: prima che iniziasse l’esperimento pensavano che il lavoro ibrido avrebbe ridotto la produttività del 2,6%; alla fine, credevano che gli accordi flessibili potessero migliorare la produttività dell’1%.