Smart Working: il punto di vista dei lavoratori della PA
L’evoluzione del lavoro agile
La pubblicazione del policy brief “Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori” il cui obiettivo è quello di fornire una panoramica sul lavoro agile e costituire un supporto utile all’elaborazione di nuove policy strategiche di regolamentazione sul tema, fa emergere dati interessanti sull’evoluzione dello Smart Working: prima della pandemia oltre 2 milioni 450 mila occupati lavoravano da remoto. Nel 2021 i lavoratori sono saliti a 7 milioni 262 mila; i lavoratori coinvolti in piani di Smart Working sono quasi triplicati in 2 anni.
Il 46% dei lavoratori intervistati dichiara di voler continuare a svolgere la propria attività in Smart Working per almeno uno o più giorni alla settimana. Nel 2021, il 50% del campione era impegnato in modalità agile dai 3 ai 5 giorni alla settimana e solo l’11,6% per un solo giorno a settimana.
In base a questi dati si concretizza la prospettiva del passaggio da lavoro da remoto “emergenziale” a modelli organizzativi più strutturati e totalmente nuovi, associati a una reingegnerizzazione dei processi produttivi. Per fa sì che ciò accada le organizzazioni devono individuare modelli funzionali per superare le criticità.
Innovazione e nuove modalità organizzative
Le amministrazioni si sono organizzate per gestire il lavoro agile: il 71,5% degli enti del settore pubblico ha attivato piattaforme digitali per lo svolgimento delle riunioni a distanza. Il 41,9% ha fornito dispositivi informatici a lavoratori e lavoratrici.
Non è stato un percorso facile: Il lavoro agile è stato introdotto rapidamente e in contesti organizzativi in parte impreparati e con infrastrutture tecnologiche a volte inadeguate. Nonostante ciò, per molti enti è stata un’esperienza positiva e di crescita. Lo confermano i lavoratori della PA: il 55% degli intervistati esprime un giudizio positivo sull’esperienza complessiva dello Smart Working. Positiva è anche la possibilità di valutare autonomamente come organizzare il lavoro e come gestire gli impegni familiari.
Le possibilità di lavorare da remoto variano a seconda della configurazione che lo Smart Working assume in organizzazioni di diversa dimensione, di diverso settore e di diversa capacità tecnologica. Emerge dallo studio la necessità di implementare un quadro di regole di base e di flessibilità, per definire insieme ai collaboratori le modalità che meglio garantiscano un giusto equilibrio tra produttività e benessere.
Un futuro nuovo per città e territori
L’indagine ha previsto anche una domanda specifica ai lavoratori sulla possibilità a riconsiderare la propria residenza se il proprio lavoro potesse essere svolto stabilmente da remoto: un terzo degli occupati ha dichiarato che valuterebbe di spostarsi in un piccolo centro; quattro persone su dieci hanno confermato l’interesse a trasferirsi in un luogo meno caotico e più isolato, in contatto con la natura. Infine, pur di lavorare da remoto un lavoratore su cinque accetterebbe una eventuale penalizzazione della retribuzione. Sono segnali che convergono su un aspetto centrale: il miglioramento nella qualità della vita ha per molti un valore che va oltre quello economico.
Il policy brief evidenzia una diffusa percezione di miglioramento di qualità della vita e lavoro, due obiettivi sempre più conciliabili.