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Tavolo Performance: come favorire il cambiamento con il Change Management

Quali sono le competenze del Change Management più utili per affrontare i cambiamenti nelle organizzazioni? Una sintesi del tema affrontato dal Tavolo Performance di Emilia-Romagna Smart Working

Change Management e Change Capability: pianificare per minimizzare gli impatti negativi

Organizzazioni e imprese si trovano a operare in ambienti dominati da una sempre maggior complessità di variabili e relazioni. Una complessità che include il controllo progressivo di modelli e schemi d’azione, l’emergere di scenari di business, tecnologici e sociali inediti e imprevedibili, che si succedono l’uno con l’altro a velocità esponenziale.

Questa complessità viene identificata dagli esperti con l’acronimo VUCA: Volatile, Uncertain, Complex, Ambiguous. Un flusso caotico e accelerato che costringe le organizzazioni a ristrutturare, innovare e reinventare modalità e processi continuamente, in un clima di tensione e con elevate possibilità di errore e di fallimento, a tutti i livelli: operativo, decisionale e strategico. A tutto questo si associano le naturali reazioni di paura e resistenza dei lavoratori di fronte a un clima di incertezza.

Gli esperti del Tavolo Performance di Emilia-Romagna Smart Working hanno affrontato il tema della Change Capability: l’abilità di un’organizzazione di pianificare e implementare in modo efficace tutti i tipi di cambiamento, minimizzando il potenziale impatto negativo su persone e processi. Questa abilità è parte integrante del Change Management, ovvero l’insieme delle attività strutturate per la gestione del cambiamento nelle organizzazioni. Si tratta di percorsi complessi e articolati, con un forte impatto sulle risorse umane e sulle abitudini dei lavoratori. Gestire l’aspetto umano significa infatti accompagnare le persone verso nuovi obiettivi e consuetudini. Il Tavolo Performance ha analizzato nel dettaglio due framework del Change Management: il modello ADKAR e la Change Map.

 Il modello ADKAR

ADKAR, modello ideato da Jeffrey M. Hiatt, è l’acronimo di cinque parole chiave che sono alla base del Change Management, utili alle organizzazioni per favorire e sostenere il cambiamento.

A – AWARENESS:

Indica la diffusione della consapevolezza sulla necessità di cambiare. Molteplici studi hanno dimostrato che uno dei principali fattori di resistenza al cambiamento è la mancanza di conoscenza diffusa sul perché tale cambiamento sia essenziale per una crescita sostenibile dell’organizzazione.

D – DESIRE:

Indica l’importanza delle motivazioni a sostegno del cambiamento. Divulgare la consapevolezza è una condizione essenziale ma non sufficiente per introdurre l’idea del cambiamento. Un esempio calzante è quello dei fumatori, consapevoli del malessere provocato dal fumo ma non per questo spronati a smettere. Per questo, motivare in modo esaustivo tale necessità è un secondo step necessario da avviare.

K – KNOWLEDGE:

Indica la consapevolezza delle azioni necessarie al cambiamento. Alcune tecniche per diffondere tale consapevolezza sono la formazione e il peer tutoring utili a rafforzare lo scambio di conoscenze da pari a pari.

A – ABILITY:

Indica la capacità di trasformare la conoscenza in comportamento. È essenziale che a seguito di una comprensione di necessità e motivazioni del cambiamento, queste si evolvano in azioni.

R – REINFORCEMENT:

Indica l’abilità di sostenere il cambiamento nel corso del tempo. I comportamenti umani sono sottoposti a una pressione selettiva e controllata, in cui l’individuo consolida azioni utili a sopravvivere nell’ambiente circostante. Occorre quindi rendere funzionali i nuovi comportamenti e disfunzionali i vecchi.

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La Change Map

È un modello circolare ideato da Massimiliano Ghini e Joshua Freedman, in cui viene generata interazione tra razionalità e emozioni proprie dell’essere umano. Questo framework prende in considerazione tre diverse fasi legate al cambiamento a cui associa determinate emozioni; per gestire il cambiamento è necessario utilizzare le giuste leve per trasformare le emozioni da negative in positive.

Fase 1: Motivare

Questa fase prevede la trasformazione della frustrazione in entusiasmo tramite un accompagnamento e un coinvolgimento delle persone nel processo di cambiamento e una definizione della direzione da seguire per generare commitment.

Fase 2: Attivare

Questa fase prevede la trasformazione dell’emozione negativa in coraggio, tramite lo sviluppo di consapevolezza e competenze utili a supportare le persone nella gestione del cambiamento.

Fase 3: Riflettere

L’ultima fase del modello prevede di gestire le emozioni negative, legate al giudizio, trasformandole in curiosità. Ciò è possibile tramite il consolidamento del processo già messo in atto e il ragionamento su come utilizzare in modo efficace i risultati raggiunti.

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Quale sarà il prossimo tema trattato nei Tavoli di Lavoro di Emilia-Romagna smart working? 

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